Anno nuovo in Majella - la Tavola Rotonda

Chi non è mai caduto nella tentazione di dare importanza ai primi gesti del nuovo anno? Una sorta del proverbiale “finisci bene ed inizia meglio …” per dirla come di certo vi sarà stato ripetuto tante volte a cavallo tra i due anni. In una certa maniera è accaduto questo per selezionare e decidere la prima uscita in montagna per noi di Aria Sottile. Luca, occhio vigile del web per tutto il gruppo, non si era dimenticato di una mail lanciata dal Club 2000, quella che proponeva la prima escursione dell’anno sulla Maiella, quella, che se favorita dalle condizioni buone del meteo e dall’apertura degli impianti di risalita di Campo di Giove avrebbero permesso di saltare ai 1650 metri di Guado di Coccia e tentare il lungo quanto ambizioso anello a conquistare la Tavola Rotonda, le due Femmina Morta, e improbabili, ma di certo nei progetti dei più temerari, la Cima di Fondo di Maiella col vicino Macellaro. Insomma, le trombe dell’adunata hanno suonato, Luca ha ripreso, rilanciato ed appoggiato con entusiasmo la proposta del Club 2000 e foriere le eccezionali condizioni meteo, forse le troppe pause dovute alle feste che mettevano voglia di ritrovarsi di nuovo alle quote alte e di certo l’interessante quanto ormai consolidata sinergia col Club 2000, il popolo di Aria Sottile ha risposto compatto e ben undici di noi hanno risposto “presente” all’appello. Il resto della comitiva era formata da cinque amici del Club 2000; un esercito insomma, se si prendeva in considerazione periodo e meta ( la Maiella in inverno incute sempre molto rispetto in chiunque!). Ci siamo ritrovati tutti con estrema puntualità a Campo di Giove intorno alle 8,30; una mattinata fredda, col ghiaccio sulle strade e foriera di una giornata luminosa, anche se le previsioni promettevano vento forte in quota. L’appuntamento è stato di quelli più comodi e pigri per chi è avvezzo ai raduni di Aria Sottile, condizionato come era dall’apertura degli impianti di risalita. Nonostante l’ora tarda, colpevole un versante ancora in ombra, i preparativi e la salita sui gelidi seggiolini degli impianti sono stati momenti interminabili. Al guado, all’arrivo dell’impianto, oltre un manto di neve soffice e consistente che ha gratificato chi aveva scelto di dotarsi di ciaspole, ci ha accolto un sole caldo e benevolo. L’assenza assoluta di vento ha fatto il resto e letteralmente abbiamo sentito i nostri corpi ridistendersi dall’intorpidimento progressivo a cui siamo stati soggetti fin pochi istanti prima. Il tempo di radunarsi, di prepararsi con ciaspole e ghette e la lunga fila si distendeva già alla conquista della tavola Rotonda. La salita era obbligata; sull’ampia cresta verso nord, sotto i piloni dismessi e tristemente immotivati della vecchia seggiovia (siamo alle solite, le montagne appenniniche violentate con caparbia cupidigia, anche giustamente se ci volessimo riferire alle opportunità di fruibilità da parte di tutti e alle opportunità di lavoro che si possono intravedere, vengono poi abbandonate a se stesse quando gli elementi di guadagno non si intravedono più) la colorata processione si allungava con passi diversi. Chi si era dotato di ciaspole apriva la salita, batteva per così dire la traccia; gli altri dietro, più lenti, a sprofondare negli strati soffici di una neve ancora affatto cristallizzata. Si saliva senza troppa fatica però; i primi lasciavano tracce solide per i secondi ed il percorso diventava una sorta di scala verso le quote più alte; chi invece, timoroso dei freddi in quota e degli strati conseguentemente ghiacciati si era dotato di ramponi cercava percorsi ai lati della cresta, dove il vento ed il sole avessero aiutato una metamorfosi della neve più adatta ai mezzi arpionati che avevano ai piedi. I primi trecento-quattrocento metri di dislivello sono stati assolutamente piacevoli, una pendenza costante favoriva un ritmo lento ma cadenzato; il sole caldo e l’assenza di vento ci hanno costretto addirittura ad alleggerirci delle giacche e dei pile; impensabile una Maiella così nei primi giorni di Gennaio. Per non parlare della luminosità e della vastità dei panorami; ad est l’ordinata campagna chietina ed il mare azzurro dominavano; a sud imperava la magnifica cresta del Porrara che si allungava idealmente fino al Matese con la mole elegante del Miletto laggiù in fondo a confondersi con l’orizzonte, mentre a sud-ovest erano di una vastità impressionante il susseguirsi di picchi e creste delle montagne del parco fino al Marsicano. Uno spettacolo che solo chi arriva lassù, solo chi è capace di dare un nome ad ogni cresta può vivere e sentire e che comunque non riuscirà mai a comunicare. Intorno ai 2000 metri le prime folate di vento fresco ci rompono l’illusione, che di certo ognuno cullava nelle proprie speranze, di poter godere di queste condizioni atmosferiche per tutta la giornata. Presto siamo stati costretti a rinforzare gli abbigliamenti; le giacche antivento sono tornate a colorare di nuovo la lunga processione; e quasi non bastavano dopo poco. Il vento rinforzava ad ogni passo, ormai eravamo nelle creste sommitali, le esposizioni verso nord non assicuravano più copertura e non rimaneva altro che affrontare le forti raffiche per il resto del percorso. Col vento che ci sbatteva forte ognuno si è coperto come poteva fin a lasciare scoperti solamente gli occhi, per giunta rigorosamente coperti dagli occhiali; la fila si è allungata, ognuno non aveva più nulla da scambiare con l’altro e l’unico obiettivo era di raggiungere il prima possibile la vetta della tavola Rotonda. Anche la rinuncia al completamento del progetto delle tante vette dell’altipiano si andava lentamente propagando tra i tanti, più o meno tacitamente. Ed è definitivamente tramontato quando dopo poco, con l’aumentare delle raffiche sono prese a salire e a sfrangiarsi in quota le prime dense nubi di condensa. A tratti la nebbia faceva perdere gli orizzonti, le nubi erano veloci e ciò che spariva dal mondo gli veniva riassegnato dopo pochi istanti; il freddo che si era ormai impadronito di tutti aumentava e cominciava quasi a provocare le prime sensazioni di dolore alle mani, soprattutto quando i più temerari insistevano a scoprirle per le solite foto di rito. Non rimaneva che arrivare ai 2400 metri della Tavola Rotonda e dichiarare chiusa la giornata con grande anticipo. Alla spicciolata tutti sono arrivati in vetta intorno alle 12 della mattinata. Due ore e trenta minuti per coprire i 750 metri di dislivello, come dire che in ogni condizione di sole o vento, neve o ghiaccio, l’andatura dei montanari è comunque ed inesorabilmente incorruttibile. L’arrivo alla spicciolata, il desiderio di alcuni di togliersi da quelle condizioni il prima possibile, non hanno permesso una foto celebrativa di tutto il gruppo; peccato, sarebbe stato bello averla all’insegna di una bel gemellaggio tra Aria Sottile ed il Club 2000. Come a volerci togliere ogni velleità, o forse a volerci sollevare dalle ultime decisioni da prendere ci ha pensato la Maiella stessa. Il tempo di qualche foto ed il mondo intorno a noi è sparito completamente. Le nuvole si sono fatte grigie e dense, la visibilità ridottissima. Ora si che mamma Maiella stava facendo vedere il suo volto vero! Pino ha chiamato la ritirata e si è incamminato sulla via del ritorno, la fila si è allungata, qualcuno si è attardato sull’ometto di vetta per le ultime foto e ben presto ci siamo ritrovati divisi da barriere fatte di nulla. Tre gruppi divisi dal bianco latte delle nubi e uniti solo dal filo di Arianna delle tracce di salita ripercorrevano la via di ritorno abbandonando ogni velleità di grandi percorsi invernali che con troppa ottimistica fiducia si erano progettati. Voci lontane nell’impalpabile continuità della nebbia si cercavano con l’obiettivo di ricompattare il gruppo dei sedici; il primi pilotati da Pino si sono fermati e sono stati raggiunti subito dal gruppetto di mezzo. Gli ultimi attardatisi sembravano essere spariti ed inghiottiti nel nulla; invisibili agli occhi e alle orecchie, come se la montagna se li fosse inghiottiti; eppure erano li dietro. Incredibile come certe condizioni in alta quota stravolgano ogni senso umano, incredibile e impensabile come un tratto appena percorso diventi ai sensi umani improvvisamente privo di riferimenti; impressionate, finche non ti ci trovi nel mezzo, intuire come sia semplice e drammaticamente vero il potersi perdere in certi ambienti. Intuibile ed estremamente ovvio come sia prudente, inevitabile, obbligatorio dotarsi di informazioni, perizia e mezzi per affrontare certi ambienti estremi o quasi. Comunque, come nel nulla si erano vanificati, dal nulla, come ectoplasmi che si andavano materializzando, gli ultimi sono ricomparsi. Una conta veloce, eravamo tutti, più nulla poteva impedire una veloce ritirata. E tale è stata; solo una sosta, voluta da una parte del gruppo, subita dagli altri, a favorire chi fino a quel momento non si era concesso un solo momento per rifocillarsi; per giunta all’interno di una capanna diroccata che solo in parte riparava dalle intemperie e dai venti. Veloce anche la sosta, sollecitata da chi non vedeva l’ora di ritrovarsi a valle; e come per l’andata, il ritorno è stato una sorta di nastro che si riavvolgeva; introno ai 2000 metri il sole ha ripreso ad avere forza sulle nuvole, queste si sono diradate ed il vento ha preso a soffiare meno. Ci trovavamo di nuovo al coperto dai freddi venti settentrionali, il muro di settecento metri di Maiella che ci sovrastavano a nord ci proteggevano; il resto la ha fatto il sole tornato a picchiare forte. Via i gusci, via i pile, tornava la voglia di passeggiare; di nuovo sfilacciato il gruppo si era disunito ed allungato. Sotto i piloni della vecchia seggiovia l’esile traccia della salita era diventata una sorta di ampia striscia devastata. Era come se il pendio intonso e vergine e che brillava alla luce del sole fosse stato solcato da una improbabile quanto silenziosa valanga. Una valanga umana di 32 scarponi che volavano e solcavano quei soffici e ormai bagnati strati di neve. Di nuovo a Guado di Coccia, la seggiovia questa volta era baciata dal sole e la discesa è stata quanto di più piacevole e rilassante ci si potesse attendere. Via il più in fretta possibile dalla bolgia della montagna all’arrivo degli impianti, i montanari, quelli veri, si sa, odiano la confusione, i rumori, gli oltraggi che si perpetuano da parte di chi viene solo per vivere comodamente la montagna ed averne l’illusione che basti prendere un caffè sulla sdraio per averla vissuta. L’appuntamento era per tutti in piazza a Campo di Giove. Qualcuno voleva sedersi per mangiare qualcosa, altri fermarsi solo per un caffè od un grappino, qualcuno voleva ripartire rapidamente verso casa, Complice la chiusura dei bar del paese i saluti sono stati veloci. Un arrivederci caloroso a quelli del Club 2000 consolidava ormai una solida e collaborativa amicizia tra i due gruppi, mentre una parte di “quelli di Aria Sottile” si ritrovava a continuare ad apprezzare le bellezze della zona; più appropriato sarebbe dire le bontà della zona e finalmente il calore confortevole di una trattoria del paese e del suo Montepulciano d’Abruzzo. “Quelli di Aria Sottile” del 7 Gennaio in Maiella, Luca, Giacomo, Giorgio DS, Marina, Fernando (Mr. Fix), Mauro, Pino, Riccardo ed il sottoscritto aspettano il calore, l’amicizia e salutano quanti non sono riusciti ad unirsi in questa occasione, quindi Tommaso, Fernando, Simone, Maurizio, Oracolo ed Elena, Max, Diego sarà un piacere condividere con voi la prossima escursione. Un invito? Una minaccia? No, solo un caloroso arrivederci a presto.